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Eredità digitale: la storica pronuncia del Tribunale di Milano

Adito in via cautelare dai genitori di un giovane chef deceduto in un gravissimo incidente stradale, il 10 febbraio 2021 il Tribunale di Milano ha pronunciato un’ordinanza di grande rilevanza in tema di eredità digitale.

LA VICENDA

La vicenda ha inizio quando i genitori del ragazzo, a fronte dell’impossibilità di recuperare il contenuto dell’Iphone del figlio (andato completamente distrutto nel sinistro) chiedevano a Apple Italia SpA di mettere a loro disposizione quanto presente nel cloud collegato al suo ID Apple, per colmare, almeno in parte il vuoto causato della sua morte tramite la visione delle foto e dei video che lo ritraevano e per avviare un progetto legato alla sua memoria, utilizzando le sue ricette annotate.

La società riscontrava l’istanza negando l’accesso, sottolineando che avrebbe rilasciato i materiali richiesti solamente a seguito di un ordine del Tribunale.

Le motivazioni principali poste alla base del diniego riguardavano:

  • la carenza di legittimità dei ricorrenti, poiché, non essendo rappresentanti legali del patrimonio del defunto non potevano agire in qualità di agenti del medesimo ed era loro preclusa l’espressione di quel “legittimo consenso” richiesto dall’Electronic Communications Privacy Act per poter eseguire la “disclosure”;
  • la concreta possibilità che i materiali presenti sul cloud contenessero dati personali di terze persone (perchè, ad esempio ritratte insieme a lui in foto o video), con la conseguenza che il rilascio avrebbe potuto ledere i diritti garantiti a questi soggetti dal GDPR.

A seguito del rifiuto la coppia aveva presentato un ricorso urgente al Tribunale di Milano, nel tentativo di evitare che Apple Italia Spa cancellasse in via definitiva il contenuto del cloud legato all’ID del figlio, come previsto in caso di protratto inutilizzo del servizio.

LA DECISIONE DEL TRIBUNALE DI MILANO

Secondo il Tribunale la richiesta dei genitori recava entrambi i presupposti necessari per l’emanazione di un provvedimento cautelare:

  • il periculum in mora andava rinvenuto proprio nella cancellazione prevista dal contratto del servizio di cloud dopo un protratto inutilizzo, poiché essa avrebbe privato i ricorrenti di accedere al materiale richiesto in via definitiva;
  • Il fumus boni iuris era, invece, da ricollegarsi all’art. 2-terdecies del Codice Privacy (D.Lgs 196/2003). La norma stabilisce che i diritti relativi di cui agli articoli da 15 a 22 del GDPR, riferiti ai dati personali concernenti persone decedute possono essere esercitati da chi abbia un interesse proprio, o agisca a tutela dell’interessato in qualità di suo mandatario, o per ragioni familiari meritevoli di protezione, tranne nel caso di espressa dichiarazione contraria comunicata dall’interessato al Titolare del Trattamento).

In assenza di una espressa dichiarazione di volontà del giovane deceduto, volta a escludere i genitori dall’esercizio dei diritti afferenti ai suoi dati personali, il Tribunale ha, dunque, ritenuto che le ragioni familiari avanzate dagli eredi meritassero tutela e ha chiesto a Apple di fornire assistenza nel recupero dei dati personali presenti nel cloud collegato all’account del figlio.

Per quanto, riguarda, invece, il potenziale pregiudizio causato ai dati personali di terzi, il Giudice ha osservato come l’art. 6, par. 1, lettera f) del GDPR autorizzi il trattamento dei dati personali necessario per il perseguimento del legittimo interesse del titolare e che proprio a tale interesse legittimo vadano ricollegate le ragioni familiari meritevoli di protezione, poste alla base del ricorso dei ricorrenti.


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